Crim. Int.
Thanatos, figlio dell’Erebo e della Notte, era il dio greco che personificava la morte.
La tanatologia (dal greco thanatos – “morte” e logos – “studio”) studia le modificazioni che si verificano nell’organismo nel passaggio tra la vita e la morte e le alterazioni chimico-fisiche e morfologiche del cadavere con riferimento ai singoli fattori in grado di influenzarne l’evoluzione. La diagnosi di morte, ovvero, la reale causa della morte, ha rilevanti finalità giuridiche e cliniche.
I segni della morte, considerati facendo riferimento al tempo, possono distinguersi in: immediati (cessazione definitiva delle funzioni respiratorie, cardiocircolatoria e nervosa); consecutivi (raffreddamento, rigidità, ipostasi, disidratazione ed acidificazione); trasformativi (putrefazione, macerazione, mummificazione, saponificazione).
In quest’articolo si parlerà, specificamente, degli effetti consecutivi e trasformativi della morte.
Tra gli effetti consecutivi si avrà, innanzitutto, il raffreddamento del cadavere; dopo il decesso la temperatura del corpo scenderà fino a raggiungere l’equilibrio con quella ambientale. La temperatura corporea interna di un vivente (a livello rettale) è solitamente di 37°. L’arresto delle funzioni vitali e il venir meno dei processi metabolici fanno sì che il cadavere, esposto ad una temperatura ambientale minore dei 37°, raggiunga la temperatura dell’ambiente circostante. Anche dopo la morte, però, si verificano processi biochimici capaci di produrre calore, tali processi sono più intensi nelle fasi che seguono immediatamente la cessazione delle funzioni respiratorie, cardiocircolatorie e nervosa, poi si riducono gradualmente. Quindi si avranno variazioni di temperatura meno rapide nelle prime ore dopo il decesso e nelle ore più prossime all’allineamento della temperatura del corpo con quella ambientale.
Si può distinguere:
– fase di discesa lenta: nelle prime 4 ore la temperatura decresce di circa mezzo grado l’ora;
– fase di discesa rapida: nelle successive 10 ore la temperatura decresce di circa 1 grado l’ora;
– fase di nuova discesa lenta: fra la 15ᵃ e la 24ᵃ ora dal decesso la temperatura scende prima di tre quarti di grado l’ora, poi di mezzo grado l’ora e poi di un quarto di grado l’ora sino a raggiungere la temperatura ambientale.
– fase dell’equilibrio termico: oltre la 24ᵃ ora.
Ovviamente, alcune condizioni estrinseche e intrinseche possono influenzare la dispersione termica del cadavere, ovvero: il grado della temperatura ambientale, la qualità degli indumenti, la ventilazione, l’umidità, le cause della morte, ecc.
Effetto consecutivo al raffreddamento è la rigidità cadaverica o rigor mortis, cioè l’irrigidimento dei muscoli volontari ed involontari. Primi fra tutti sono le palpebre, circa due o tre ore dopo la morte, poi si estende ai muscoli del volto, della testa e del collo, del tronco, dell’addome, degli arti inferiori e dei piedi. Di solito il processo del rigor mortis si completa in un intervallo di tempo compreso fra le 8 e le 12 ore, raggiungendo il massino fra le 36 e le 48 ore.
Tra gli altri effetti consecutivi vi sono le ipostasi, strettamente legate all’arresto dell’attività cardiaca. Venuta meno l’energia pressoria prodotta dalle contrazioni del cuore, affluisce nei vasi delle zone più declivi del cadavere, sia in quelle cutanee sia in quelle viscerali, formando delle macchie color rosso violaceo. Ad esempio, se il cadavere si trova in posizione supina, le macchie ipostatiche si localizzano nel dorso, nella parte posteriore del capo, nel collo, negli arti, rispettando i punti nei quali il corpo poggia sul substrato sottostante perché la compressione esercitata dal peso del corpo stesso impedisce l’afflusso di sangue nei vasi. Mentre, negli impiccati il sangue affluisce caratteristicamente nelle parti distali degli arti con disposizioni tipiche a guanto e a calzino. Le ipostasi indicano la posizione assunta dal corpo dopo la morte e concorrono a stabilire l’epoca della morte.
In rapporto al tempo si distinguono diverse fasi, generalmente, quando ancora non si vedono le macchie ipostatiche, si potrebbe supporre che siano trascorse meno di due ore dalla morte, ma, nelle morti asfittiche o improvvise, a causa di una maggiore fluidità del sangue, le macchie posso comparire prima delle due ore. Dalla seconda-terza ora in poi fino alle 12 ore successive aumentano di intensità. Le varie fasi sono:
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Fase di migrabilità assoluta o totale: muovendo il cadavere, le ipostasi si possono spostare dalla prima sede e comparire nella nuova zona diventata declive. In questo caso non sono passate più di 6-8 ore dalla morte;
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Fase di migrabilità parziale: muovendo il cadavere le macchie si spostano parzialmente e, accanto alle ipostasi formate si creano nuove macchie, le prime perdono un po’ di intensità. Sono passate circa 8-12 dalla morte;
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Fase di fissità relativa: sono passate dalla 12ᵃ sino alla 48ᵃ-72ᵃ ora circa, le macchie possono ancora spostarsi ma solo esercitando una digitopressione più o meno intensa;
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Fase di fissità assoluta: superata la soglia della 48ᵃ-72ᵃ ora dal momento della morte. Le macchie sono fisse e non possono più spostarsi.
Gli ultimi due effetti consecutivi all’evento morte sono la disidratazione e l’acidificazione. La disidratazione può essere più o meno rapida ed intensa a seconda dei fattori intrinseci (costituzione, peso, ecc.) ed estrinseci (temperatura, ventilazione, umidità, ecc.). Si avrà una disidratazione rapidissima in presenza di clima asciutto. Assume aspetti evidenti come ad esempio: l’opacamento corneale, le macchie sclerali, l’infossamento del bulbo.
L’acidificazione, invece, è dovuta all’accumulo di acido lattico provocata dalla cessazione dei meccanismi ossido riduttivi a livello cellulare, i dati non sono univoci e di solito non vengono utilizzati ai fini della valutazione dell’epoca della morte.
Gli effetti trasformativi, come accennato sopra, sono la putrefazione, la saponificazione, la mummificazione e la macerazione, e possono essere sia distruttivi sia conservativi.
L’effetto della putrefazione si avrà dopo una settimana dalla morte, i vari tessuti del corpo vanno incontro, a causa dell’azione di microorganismi saprofiti (batteri aerobi e anaerobi), ad un progressivo sfacelo. La mancanza d’aria, l’atmosfera secca o asciutta, l’interramento, o l’assenza di microorganismi possono rallentare la degradazione del cadavere. Il freddo consente un’ottima conservazione. Invece, i fattori intrinseci che possono condizionare la rapidità del processo putrefattivo sono l’età, l’obesità e le cause infettive della morte.
A seconda del tempo trascorso dalla morte si distinguono:
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Periodo colorativo: comparsa di macchie verdi putrefattive. Fra le prime manifestazioni vi è una macchia verdognola localizzata in corrispondenza della fossa iliaca di destra, che compare intorno al secondo o terzo giorno ad una temperatura esterna di circa 20°;
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Periodo o stadio gassoso: lo stadio enfisematoso inizia verso il terzo o quarto giorno in estate, invece, in inverno dopo 2 settimane circa. Il cadavere assume un aspetto gigantesco con faccia negroide, rigonfia, gli occhi che fuoriescono dalle orbite, lingua tumefatta, iniziale e diffuso distacco dell’epidermide;
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Periodo o stadio colliquativo: si manifesta in estate verso il 2° mese, ed in inverno intorno al 4°- 5° mese. Germi anaerobi che si diffondono dalla profondità verso la superficie del corpo, scollando i tessuti e sollevando bolle di sierosità e di gas putrefattivo. Germi aerobi provenienti dall’ambiente esterno che si diffondono, invece, dalla superficie alla profondità del corpo;
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Periodo o stadio della scheletrizzazione: si completa dopo 3-5 anni.
La saponificazione e la mummificazione sono fenomeni trasformativi che si manifestano a seconda del clima. La saponificazione si verifica nei cadaveri esposti a elevata umidità ambientale e scarsa ventilazione o che restano molto tempo in acqua. È preceduta da un certo grado di putrefazione ed esternamente l’adipocera si presenta come una massa bianca, saponosa e dal tipico odore di formaggio guasto o rancido. Sembra una corazza untuosa che ricopre tutto il corpo del cadavere. E evidente dopo circa sei mesi. La mummificazione, invece, si verifica in ambienti asciutti, caldi e ventilati, si arresta il processo putrefattivo e il corpo va incontro ad una perdita di liquidi. Il corpo assume un colorito bruno, pergamenaceo. In condizioni favorevoli il processo si può completare entro un anno dalla morte, oppure verso il 1°-2° dalla morte nei cadaveri rimasti in casse metalliche ermeticamente chiuse.
Infine, la macerazione, è il processo trasformativo cui va incontro il feto nel caso di morte in utero e in casi di mancata o ritardata espulsione.
Bibliografia
Macchiarelli L., Arbarello P., Cave Bondi G., Di Luca N.M., Feola T., Compendio di Medicina Legale, II edizione, Casa Editrice Minerva Medica