Cose storte: tra affondamenti sospetti e documenti dei servizi segreti
La prima presentazione nazionale è stata fatta a Reggio Calabria il 12 dicembre dell’anno appena trascorso, durante la commemorazione di Natale De Grazia. La seconda, nella locride, è stata dedicata al Procuratore Bruno Giordano scomparso qualche giorno prima. Non luoghi né persone qualunque ma posti e uomini che hanno scritto parte della storia sui misteriosi affondamenti nel Mediterraneo di navi cariche di rifiuti tossico-nocivi e forse anche radioattivi. Stiamo parlando di Cose storte. Documenti, fatti e memorie attorno alle “navi a perdere” il nuovo libro del nostro Andrea Carnì, dottorando in Studi sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano. Zurigo, Vicenza, Brescia, La Spezia, Pisa e Roma sono le città pronte ad accoglierlo per la presentazione di questo volume. Quando gli chiediamo come potrebbe esser definito, Andrea cita le parole di un caro amico e giornalista che, durante la presentazione di Reggio Calabria, lo definì “un manuale sulle navi a perdere” con la leggerezza di un romanzo. Non un saggio d’inchiesta, seppur la lettura della documentazione declassificata gli ha consentito di portare sotto l’attenzione del lettore nuovi dati e informazioni, alcune delle quali particolarmente interessanti. Ad ogni modo non era lo scoop l’intento di Andrea Carnì, ideatore e curatore di Cose storte oltre che autore del primo capitolo dal titolo evocativo “Come luce nell’ombra. Cronistoria delle indagini sulle navi a perdere”. Lo sforzo dell’autore non è racchiuso solo in questo tentativo di condensare – anche grazie all’ausilio di Nuccio Barillà – in un’ottantina di pagine tutta la storia delle navi a perdere e delle navi dei veleni. Andrea va oltre e omaggia il lettore di una mappatura esaustiva di saggi, romanzi, fumetti, articoli di giornale, documentari, relazioni delle Commissioni parlamentari, documentazione giuridica e via dicendo. È quello che Andrea chiama l’Archivio MareNero, introdotto da Alberto Vannucci, docente di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Pisa. Indubbiamente la scelta di inserire anche fumetti e graphic novel è una scelta particolare e non casuale. Quando chiediamo all’autore il perché di tutto ciò, la risposta è molto semplice: «La conoscenza non ha età. Sulle navi a perdere e sui fenomeni simili, vi è materiale per tutte le età quindi perché non inserire anche ciò che una bimba o un bimbo potrebbero leggere?»
Come dicevamo Andrea è anche ideatore e curatore di Cose storte. All’interno infatti, il lettore trova altri contributi di indubbio spessore. La seconda parte, “Bellezza oltraggiata. Memorie di una lotta ambientalista ai traffici di veleni”, è la testimonianza inedita di Nuccio Barillà, esponente storico di Legambiente che, insieme ad Enrico Fontana consegnò l’esposto da cui in seguito partirono le indagini sullo smaltimento illecito di rifiuti in Aspromonte e in mare. “Bellezza oltraggiata” non è solo navi a perdere. Nuccio Barillà riesce a riunire fatti e misfatti dei trafficanti di rifiuti riportando alla memoria le importanti lotte ambientaliste degli anni Ottanta e Novanta in tutto il Sud Italia e non solo. Il lavoro di Nuccio Barillà si proietta poi verso la definizione della figura di Natale De Grazia, capitano di corvetta di Reggio Calabria, morto in circostanze misteriose e membro del team di investigatori che a metà degli anni Novanta tentarono di smantellare il network internazionale che ruotava attorno l’affondamento di carrette del mare cariche di rifiuti tossici. La morte di Natale De Grazia non è stata una morte naturale ma manca, ad oggi, dopo quasi un quarto di secolo, una chiara e netta verità che stabilisca come e perché la vita di quest’uomo si sia interrotta così bruscamente durante un viaggio a La Spezia dai contorni altrettanto sospetti.
Come se non bastasse, una puntuale e rilevante inchiesta di Maurizio Torrealta sulle ricerche di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin – il 20 marzo sarà il venticinquesimo anniversario della loro morte e, purtroppo, l’ennesimo anno in assenza di una verità giudiziaria – e sulle rotte sospette della XXI Ottobre II, nave madre della Shifco. Anche in questo contributo, sono i documenti a parlare: è presente la lista ragionata delle tappe della nave che induce a forti sospetti verso i presunti carichi di armi e/o di rifiuti. Infine, il contributo tecnico di Franco Neri, il sostituto procuratore presso la Pretura di Reggio Calabria che imbastì il procedimento 2114/94 sulle “navi a perdere”, poi trasmesso alla DDA di Reggio Calabria. Il magistrato scrive di “crimini contro l’umanità” perpetrati anche dalle mafie all’interno di una holding criminale internazionale che includeva la massoneria e servizi deviati, trafficanti e ingegneri misteriosi che hanno smaltito e trafficato rifiuti tossico-nocivi e presumibilmente armi e materiale nucleare nel Mar Mediterraneo e in Africa. Gli organi inquirenti non si sono dovuti scontrare solo con forze di questo tipo ma anche con rallentamenti burocratici e con la morte, come detto pocanzi, di Natale De Grazia. Scrive Franco Neri: «Un altro dato sembra ormai assodato (…), l’indagine è stata deliberatamente bloccata con la morte del Capitano De Grazia. Ma detto sacrificio non è stato vano.»
In conclusione, non possiamo che invitare alla lettura di questo volume, un “manuale sulle navi a perdere” leggero e scorrevole ma non per questo privo di materiale d’archivio ben riportato in nota. Senza dubbio non è una coincidenza che Falco Editore, casa editrice che ha pubblicato Cose storte, ha la medesima che nel 2009 pubblicò parte del memoriale del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti che si auto-accusò di aver affondato la Cunski (nave su cui indagò anche l’ostinato ed “eretico”, come lo rinomina Andrea Carnì, Bruno Giordano).
Un invito alla lettura, dunque, fatto con cognizione e con la consapevolezza che l’autore non ha assemblato storie o indotto i lettori a suggestive ipotesi poco reali e prive di fondamento ma, come sottolinea lui stesso, ha fatto «semplicemente la propria parte» rimettendo insieme alcuni pezzi di quella che Nuccio Barillà chiama una “storia di storie”.