Posted On Novembre 4, 2016 In Criminologia With 3009 Views

La Psicologia Investigativa

“Il tipo di crimine, il comportamento espresso durante l’aggressione, la scelta della vittima, tutto ci racconta della storia personale del reo. Ogni persona nel suo divenire, costruisce, interpreta e racconta una storia, ogni persona è la sua storia”. (Veglia, 1999)
La Psicologia Investigativa è un’area relativamente nuova della Psicologia Giuridica che tenta di introdurre dei canoni di scientificità e sistematizzazione tecnica in un ambito, quello dell’indagine giudiziaria, per anni dominato da approcci soggettivi ed idiosincratici, benché spesso operativamente efficaci.
Possono essere individuate alcune aree significative in cui opera tale disciplina:
  • L’area relativa al Profiling Criminologico, ovvero la metodologia investigativa basata sull’analisi delle informazioni disponibili relative ad un crimine (indizi raccolti sul luogo del reato, referti autoptici e/o medici, trascrizioni di testimonianze, ecc.) utile ad estrapolare un profilo criminologico-comportamentale dell’ignoto autore del reato.
  • L’area legata all’Analisi Vittimologica, che riguarda lo studio delle caratteristiche della vittima e dei processi interattivi che la legano all’autore del reato durante il fatto criminoso.
  • L’area inerente alla Psicologia della Testimonianza, da considerarsi come ausilio alle usuali tecniche d’indagine giudiziaria.
Il Profiling Criminologico ha sicuramente una maggiore valenza proattiva nell’ambito delle attività d’indagine giudiziaria e negli ultimi anni è divenuto “familiare” anche al grande pubblico, grazie allo spasmodico interesse mostrato dai media per la figura dell’omicida seriale, assolutamente sproporzionato rispetto alle reali dimensioni del fenomeno. La versione offerta dai mezzi di comunicazione, avvicina tale metodologia ad “abilità magiche” e viene considerata come ultima risorsa quando tutti gli altri strumenti di indagine investigativa si sono rivelati infruttuosi.  Secondo Canter, “il profilo psicologico deve uscire dal mito di Hollywood e deve essere la conclusione di una ricerca scientifica che analizzi i risultati empirici derivati dallo studio di un grande numero di criminali e dei loro crimini, proponendo teorie e metodologie che elaborino la relazione tra le azioni del reo e le sue caratteristiche”.
Nonostante la relativa giovinezza, il Profilo Criminologico è ritenuto un supporto importante alle indagini ed è entrato a far parte del processo investigativo anche in Italia, apportando modifiche alle metodologie in tema di crimine violento.
Tale metodologia nasce all’interno dell’FBI, nella seconda metà degli anni settanta e si è successivamente diffusa anche in ambito anglosassone, conosciuta come “Investigative Psychology”.
Sviluppata in Inghilterra da David Canter, uno psicologo ambientale dell’Università del Surrey, è scientificamente più matura del modello americano ed orientata verso un più sofisticato livello di analisi che tiene conto della complessità fenomenologica cui si trova di fronte l’elaboratore di un profilo criminologico. La peculiarità e il maggior punto di forza dell’approccio di Canter consiste proprio nell’uso di procedure statistiche e nel costante confronto empirico delle ipotesi, finalizzato allo sviluppo di un modello “scientifico” di offender profiling.
Canter ritiene che la psicologia sia direttamente applicabile allo studio del crimine e che quest’ultimo possa essere letto come una transazione interpersonale, durante la quale i criminali producono azioni significative in un contesto sociale (spesso costituito solo da loro stessi e dalle loro vittime). Secondo lo psicologo, infatti, le dinamiche che sottostanno all’azione criminale sono le stesse che il soggetto mette in atto nelle interazioni quotidiane.
La base teorica dell’Investigative Psychology si poggia su cinque assunti fondamentali:
  1. Interpersonal Coherence (coerenza interpersonale): le azioni commesse da un criminale durante un reato, sono sempre conformi alla sua struttura psicologica e personologica. Si possono inferire alcune caratteristiche del reo dalla semplice analisi delle interazioni del criminale con la vittima.
  2. The Significance of Time and Place (significatività del luogo e del tempo del delitto): la loro scelta, secondo Canter, non è mai casuale e può rivelare importanti informazioni oggettive sull’autore (ad es. la familiarità con la topografia della scena del delitto, la probabile zona di residenza, il grado di expertise criminale, ecc.), ma anche le sue “mappe mentali criminali”, ovvero le rappresentazioni interne del mondo che il reo utilizza nella sua attività deviante.
  3. Criminal Career (carriera criminale): la valutazione delle possibili precedenti attività criminali compiute dal soggetto e la loro tipologia.
  4. Criminal Characteristics (caratteristiche criminali): tali caratteristiche del reo sono classificabili all’interno di categorie e subcategorie, sulla base della tipologia dei comportamenti tenuti durante il delitto (benché Canter non abbia mai delineato una vera e propria classificazione).
  5. Forensic Awareness: grado di sofisticatezza dei tentativi di depistaggio e/o occultamento di reato adottati dal criminale durante la commissione del delitto che lo spinge, ad esempio, a costringere la vittima di stupro a lavarsi per eliminare possibili campioni di liquido seminale, piuttosto che limitarsi a cancellare genericamente le tracce della sua entrata nell’abitazione della vittima.
L’area degli studi e delle ricerche proprie della psicologia investigativa copre tutti gli aspetti della psicologia rilevanti per la conduzione delle indagini, civili o criminali. L’accento viene posto sulle modalità attraverso le quali le azioni delittuose possono essere esaminate e comprese, allo scopo di individuarne l’autore. Gli elementi essenziali possono essere colti nell’analisi e valutazione della sequenza di azioni che costituiscono il processo investigativo, a partire dall’istante in cui un crimine viene commesso, fino al momento in cui il caso è portato davanti alla Corte. Ciò rende evidente come gli investigatori e gli altri attori coinvolti nelle indagini debbano operare delle scelte, debbano, cioè, intraprendere un’azione sulla base delle informazioni ottenibili.
Appare evidente, come siano tre i processi presenti in ogni indagine, e come questa possa essere resa più efficace con l’ausilio delle discipline psicologiche.
I tre processi in oggetto sono:
  • La raccolta e la valutazione delle informazioni tratte dai report sul crimine. Tali report possono includere annotazioni, verbali o altre registrazioni, fotografie, videoregistrazioni provenienti dalla scena del crimine.
  • Il processo di decision making e le azioni conseguenti che conducono all’arresto e alla condanna dell’autore del reato. Dal rilievo delle informazioni raccolte deve essere possibile trarre conclusioni, così da poter formulare una decisione che orienti all’azione.
  • Le inferenze si possono trarre dal “cuore” delle indagini di polizia. Tali inferenze si basano sulla comprensione del comportamento criminale.
In modo più analitico è possibile definire la psicologia investigativa come lo studio sistematico, scientifico:
  1. Dell’informazione investigativa, il suo reperimento, la valutazione e l’utilizzo;
  2. Del miglioramento e del supporto delle azioni e decisioni delle forze di polizia;
  3. Delle inferenze che si possono trarre dall’attività criminale, dal suo sviluppo, differenziazione e predizione.
Tutto ciò con l’obiettivo di migliorare le investigazioni in campo civile e criminale.
Bibliografia
Canter D, Alison L., (1999), Profiling in policy and practice, Dartmouth, Ashgate;
Canter D., (1989), Offender Profiles, The Psychologist, N. 2, 12-16;
Canter D., (1995), Criminal Shadows: Inside the Mind of the Serial Killer, London, HarperCollins;
De Leo G., Patrizi P., (1999), La spiegazione del crimine, 2° ed., Bologna, Il Mulino;
Douglas J., Burgess A. W., Burgess A. G., Ressler R., (1992), Crime Classification Manual, New York, Lexington Books;
Kelly G. A.,  (1995), The Psichology of Personal Constructs, vol. I e II, New York, Norton;
Picozzi M., Zappalà A., (2002), Criminal Profiling. Dall’analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale, Milano, McGraw-Hill.

 

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