Posted On Novembre 4, 2016 In Ciminalità organizzata, Pagine di storia With 2168 Views

I segreti della mafia svelati dal Maresciallo Maggiore Paolo Bordonaro

di Diego Scarabelli


“La mafia è un mostro marino dal corpo della balena e dalla malvagità del pescecane”
Mar. Magg. Paolo Bordonaro 
Nel 2012 stavo intraprendendo un dottorato sulla criminalità organizzata presso lo University College London (UCL). Anche se il suo focus erano i primi anni successivi all’Unità d’Italia, la documentazione da me consultata spaziava su un arco temporale molto più vasto. Volevo infatti ricostruire alcuni alberi genealogici di mafiosi e, contemporaneamente, comprendere se alcuni membri delle istituzioni avessero modificato nel tempo le loro opinioni su cosa fosse la mafia e su come si potesse affrontarla. Durante queste ricerche mi sono imbattuto in nomi di capi mafia che per generazioni si sono avvicendati nel controllo di alcune aree siciliane e individuato documenti molto interessanti. Ma quello che sin da subito ha attratto la mia attenzione presso il Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri di Roma è stato il processo verbale, “Lotta alla mafia siciliana”, redatto nel 1927 dal maresciallo maggiore dei carabinieri Paolo Bordonaro, diventato oggetto del mio omonimo libro. Si tratta infatti di un documento molto speciale che getta luce su alcune dinamiche criminali mafiose ignorate o poco indagate dal punto di vista storico. Ugualmente dicasi dei nomi di numerosi capi mafia. Frutto di un intenso e intelligente lavoro di indagine, il suo grande pregio sta soprattutto nella descrizione della struttura interna della mafia e delle sue modalità operative.
Bordonaro, cui va il grande merito della stesura, è un carabiniere siciliano, nativo di Solarino in provincia di Siracusa, che trascorre la maggior parte della sua carriera nella sua Sicilia. Il suo obiettivo è di restituire la Sicilia ai siciliani ed eliminare una volta per tutte le pesanti ingerenze della mafia. Si impegna per questo obiettivo in varie località, ma quella che risulta particolarmente significativa è Sommatino, in provincia di Caltanissetta dove arriva nel 1926 al comando della locale stazione dei carabinieri.
I primi mesi sono particolarmente difficili. Il muro dell’omertà sembra infrangibile. I cittadini sono terrorizzati. La mafia continua a mietere vittime. Negli anni precedenti anche membri delle forze dell’ordine sono caduti sotto i colpi della mafia o sono stati da questa minacciati. Ma la tenacia di Bordonaro mano a mano comincia a produrre i suoi effetti. Alcuni cittadini di cui si è conquistato la stima e la fiducia gli raccontano i soprusi che hanno subito e continuano a subire. Alcuni mafiosi si pentono quasi soggiogati dalla sua profonda fede cattolica e confessano i loro crimini. I restii vengono spinti a rompere il muro dell’omertà attraverso altre tecniche comunicative. Ad esempio fa loro intuire di avere una conoscenza approfondita di alcuni reati spingendo così alcuni mafiosi a giustificarsi o anche ad accusare apertamente altri mafiosi perché reputati traditori. In questo modo Bordonaro raccoglie numerose confessioni e scopre delitti che fino all’epoca erano rimasti celati e impuniti. Li riporta tutti nel suo processo verbale del 1927.
Da questo suo manoscritto apprendiamo anche la potenza della mafia di quell’epoca. Bordonaro la paragona a “un mostro marino, dal corpo della balena e dalla malvagità del pescecane”. Questa descrizione figurata del maresciallo riassume bene le sue scoperte. A suo dire, la mafia non solo è un qualcosa di pericoloso e mortale, è anche estesa e presente in tutta l’isola. Bordonaro infatti riporta la presenza di temibili gruppi mafiosi che operano nel nisseno e nell’agrigentino sotto gli ordini del potente capo mafia Domenico Di Caro di Canicattì. Però questi gruppi e lo stesso boss Di Caro dipendono da un capo supremo di tutta la mafia che Bordonaro individua in Calogero Vizzini. A questo proposito Bordonaro delinea l’interessante figura del “rappresentante”:
Questi veniva chiamato ‘RAPPRESENTANTE’ […]. Tale titolo è significativo poiché dice chiaramente che il Di Caro non era in ultima analisi che un rappresentante della mafia in Canicattì. Significativo è al riguardo ciò che amichevolmente ebbe a dirci il [Domenico] Mauro: ‘non si moveva foglia in provincia di Caltanissetta senza il nulla osta di Calogero Vizzini’
Questa scoperta di Bordonaro è densa di significato perché storicamente è la prima volta che non solo viene precisata la struttura interna della mafia ma anche che questa è dotata di un capo supremo che estende il suo potere su tutta l’isola e non solo su una determinata area o provincia. Viene individuato inoltre il nome di questo capo supremo e la presenza dei suoi “rappresentanti” nei vari territori. E’ importante sottolineare che quando Bordonaro scrive queste cose sulla mafia, molti addetti ai lavori -compresi alcuni membri delle istituzioni- credono che la mafia non sia una vera associazione a delinquere. Al massimo la ritengono un insieme di cosche che a volte cooperano e a volte si combattono. Quasi sempre la riducono a una mentalità o a un comportamento.
Bordonaro è invece convinto che la mafia sia un’organizzazione unitaria. Tuttavia, come sottolinea lui stesso, ciò non preclude che avvengano degli scontri al suo interno. Lo stesso capo mafia Domenico Di Caro promuove dei conflitti tra alcuni dei gruppi sotto il suo controllo per impedire dei tentativi di messa a repentaglio della sua leadership. Sempre Di Caro diventa un potente capo mafia massacrando altri gruppi appartenenti alla mafia precedente alla prima guerra mondiale. La sua smania di potere non ha freni. Stando alla rivelazione di un altro boss a Bordonaro, Di Caro desidera infatti diventare il nuovo capo supremo della mafia e prendere il posto di Calogero Vizzini. Tutto ciò però non accade perché l’intervento di Bordonaro interrompe le sue velleità e Di Caro, fiutando il pericolo, si dà alla latitanza. Dalla storia di Di Caro e da altre riportate da Bordonaro si evince che per i mafiosi non si può parlare né di “onore” né di “rispetto” della vita umana anche nei confronti degli stessi affiliati.
Nel giro di pochi mesi nel 1927 Bordonaro riesce a correlare i dati emersi e a fornire un quadro preciso dell’agire mafioso e dei suoi esecutori e mandanti. L’azione di Bordonaro risulta essere un successo. Nel gennaio 1931 la Corte d’Assise di Caltanissetta condanna ben 122 mafiosi con pene che in totale raggiungono 6 ergastoli, 1748 anni – 5 mesi e 24 giorni di reclusione. E’ un primo grande maxiprocesso cui seguono rilevanti condanne e un importante passo avanti nella lotta alla mafia.
Nonostante i risultati positivi e le sue importanti indagini, la figura di Bordonaro e le sue scoperte vengono dimenticate. Il maresciallo Bordonaro però, seppur in pensione, non vuole che la sua opera cada nell’oblio perché ritiene che si debba sempre tenere alta l’attenzione sulla mafia e sulla sua voracità. E’ pertanto molto energico e scrive a politici e agli esponenti della Commissione antimafia perché si attivino.
Bordonaro si spegne a Solarino il 23 gennaio 1974. Le sue scoperte sono però tornate alla memoria. Il suo processo verbale contenuto nel mio libro “Lotta alla mafia siciliana” è infatti una viva testimonianza della mafia di quei tempi e offre anche lezioni sul come affrontare la mafia odierna. A distanza di decenni dalla sua analisi, la storia di Bordonaro -che ha ancora tanto da raccontare poiché le sue indagini aprono anche a nuove domande e ricerche- è ripresa e apprezzata da studiosi e membri delle istituzioni. Anche un carabiniere esperto e in prima linea contro la mafia come il generale Giuseppe Governale, comandante del ROS, durante la presentazione del mio libro presso il Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri ha definito Bordonaro un abile e intelligente carabiniere che ha svolto un importante servizio.
In conclusione, il processo verbale di Bordonaro è indubbiamente un documento storico che porta a numerosi spunti di riflessione. Uno di questi è il pentimento dei mafiosi. Bordonaro narra sì di crimini cruenti e di come molti mafiosi non abbiano alcun desiderio di pentirsi, racconta però anche di killer efferati che chiedono perdono per le loro malefatte. Da questo punto di vista si coglie anche la speranza che il cambiamento è sempre possibile e che con il paziente impegno e l’intelligenza si può sconfiggere quel potente e insaziabile mostro marino.
Il libro “Lotta alla mafia siciliana” di Diego Scarabelli è reperibile in formato ebook sul sito Amazon all’indirizzo:
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