Posted On Novembre 4, 2016 In Criminologia With 800 Views

Uno stressor molto attuale per le Forze di Polizia: i media

di Ilaria Severini

La Polizia, i media e l’opinione pubblica. Una lotta impari?
Con la riforma del 1981, che ha portato alla smilitarizzazione della Polizia, viene messa in atto una politica di avvicinamento al cittadino. I media acquistano così, un ruolo fondamentale: quello di influenzare la percezione e il giudizio dei cittadini sull’operato delle Forze dell’Ordine.
I fattori di stress per gli operatori di polizia sono molteplici e riguardano sia il contesto che il contenuto lavorativo. Mentre il primo accomuna questo lavoro ad altri tipi di organizzazione, il secondo riguarda ambiti più specifici in relazione ai compiti che gli operatori si trovano a svolgere quotidianamente. Da alcuni anni a questa parte tra i fattori specifici relativi, appunto, al tipo di situazioni stressanti che gli appartenenti alla Polizia di Stato si trovano a dover gestire si sono insinuati i media.
Con la riforma degli anni Ottanta, che ha portato, tra l’altro, la smilitarizzazione del corpo di Polizia, sono entrati in una fase in cui l’attenzione all’ordine pubblico è stata gradualmente sostituita da quella per la sicurezza civile, in tutte le sue varie forme (partecipata, di prossimità, urbana, ecc.). Si è, quindi, legata all’idea della human security, cioè alla tutela della società civile dei diritti umani, piuttosto che alla difesa della “Ragion di Stato”.
I cambiamenti che hanno interessato anche l’Italia a partire dalla riforma del 1981, hanno l’intento “ufficiale” di avvicinare la Polizia al cittadino. In parallelo, come sottolineato da Garland, i sistemi penali e la loro rappresentazione sociale e mediatica sono stati segnati dal progressivo declino dell’idea riabilitativa della pena e da un netto spostamento di attenzione in direzione della vittima dei reati: anche in questo caso, il sistema ha posto enfasi sul cittadino e sulla vicinanza, emotiva e politica più che giuridica, dell’istituzione ai suoi bisogni ed alla sua mentalità. Infine, sul piano della gestione dell’ordine pubblico, lo sviluppo di una politica del “doppio binario” è stata sostenuta dalla stessa filosofia di difesa del cittadino, dei suoi diritti e della sua sicurezza. Questa nuova attribuzione di identità richiede la misurazione della propria efficacia, non tanto sul piano “oggettivo”, misurabile, ad esempio, attraverso il numero di arresti, ma su quello soggettivo della percezione del senso di insicurezza.
Per mettere in atto la politica di avvicinamento verso il cittadino e per meglio definire il proprio ruolo, la Polizia di Stato in questi ultimi anni, ha cercato di sviluppare una molteplicità di canali informativi tesi a comunicare un’immagine positiva di sè, ha inventato nuovi modi di utilizzare i new media per svolgere i suoi compiti istituzionali (come il Commissariato on-line), ha attivato una serie di iniziative comunicative atte a promuovere vere e proprie campagne di trasformazione dei comportamenti collettivi, in particolare dei più giovani (come quelle legate all’educazione alla legalità o alla diffusione di corretti comportamenti quando si è alla guida).
Quindi la Polizia di Stato ha acquisito un atteggiamento adattivo verso una nuova situazione sociale caratterizzata dalla centralità della comunicazione. Si tratta di un tentativo di auto-definire un ruolo all’interno di una società in cambiamento, sempre più soggetta alle oscillazioni dell’opinione pubblica.
I media hanno un ruolo fondamentale, ovvero quello di influenzare la percezione ed il giudizio dei cittadini rispetto all’operato della Polizia in relazione ai bisogni della società. Non sono solo mezzi di comunicazione, ma diventano interlocutori in grado di influenzare, formare o modificare l’immaginario collettivo e l’opinione pubblica.
Il racconto sulla Polizia è sottoposto, come ogni altra notizia, alle regole del “mercato della notizia”, della politica e del negoziato tra politica e media nella formazione delle questioni dominanti il dibattito pubblico. I mass media rivestono un ruolo fondamentale nella costruzione dell’opinione pubblica e nella creazione di “panici morali” poiché stabiliscono quali notizie siano più rilevanti e, di conseguenza, su quali dirigere l’attenzione del pubblico. Questo contribuisce a strutturare l’idea della realtà, ma una realtà spesso filtrata dagli interessi politici o di marketing e che non sempre corrisponde con la vera entità dei fenomeni raccontati.
Col tempo il rapporto tra Polizia e mass media è molto cambiato: per i giornalisti hanno maggiore importanza gli eventi “notiziabili”, che in alcuni casi vanno a rinforzare stereotipi già esistenti, eventi ai quali, la Polizia riserva, a volte, un interesse marginale. Si può dire, in definitiva, che spesso le notizie che ottengono maggiore visibilità ed attenzione da parte dei media sono quelle che vanno a minare la sicurezza urbana. Anche il profilo degli operatori di Polizia disegnato dai diversi media cambia in base all’orientamento del mezzo di informazione, interessato più ad evidenziare abusi e disservizi, piuttosto che a lodare operazioni riuscite.
Il Rapporto 2012 dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza, a cura di Fondazione Unipolis, Demos ed Osservatorio di Pavia, “La Sicurezza in Italia e in Europa. Significati, immagini e realtà”, indica che in Italia esiste un divario tra rappresentazione mediatica e percezione sociale, ovvero l’immagine della realtà e dei suoi problemi presentata dai telegiornali si discosta dalle reali insicurezze dei cittadini. L’accento posto sui fatti di criminalità si evince anche dal fatto che tali problematiche vengono affrontate all’interno di programmi pomeridiani o di seconda serata. I casi proposti sono quelli considerati più notiziabili e quindi più coinvolgenti a livello emotivo, e vengono popolarizzati e sempre più spesso sceneggiati, per essere presentati al grande pubblico.
L’Infotainment, che significa letteralmente informazione-spettacolo, ha una duplice valenza nella costruzione dell’immagine della Polizia: permette di comunicare la presenza della Polizia coinvolta nelle investigazioni insieme alle altre Forze dell’Ordine e produce il cosiddetto crimine segnale, ovvero diffonde un fatto criminoso che, mostrato attraverso particolari tecniche di rappresentazione, è interpretato dai telespettatori come indicatore dello stato della società e dell’ordine sociale.
In conclusione, da quanto sinora detto, si desume come il rapporto tra Polizia e media sia ambivalente: da un lato l’immagine che traspare è quella di una Polizia vicina ed attenta alle esigenze del cittadino; dall’altra, una parte dell’industria mediatica si adopera affinché si insinui l’idea di una Polizia incapace di far fronte alla criminalità, poco preparata e specializzata, ma soprattutto incapace di gestire le proprie emozioni di fronte a situazione a forte impatto emotivo. Troppo spesso, infatti, le immagini che vengono mostrate non raccontano la storia per intero, ma sono un estratto teso a sottolineare l’aspetto che in quel momento più si confà alle esigenze del mercato mediatico.
Può dirsi che l’avvicinarsi della Polizia al cittadino cercando di renderlo parte attiva nella lotta alla legalità, il decadimento di una sorta di barriera autorevole in seguito alla smilitarizzazione, insieme ad alcuni, non sempre velati, suggerimenti derivanti dai media inseriti all’interno dei racconti di alcuni importanti fatti di cronaca, abbiano portato ad un minore rispetto verso la divisa?

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